Madonna che scappa in Piazza Sulmona

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La Madonna che scappa in Piazza

La Madonna che scappa in piazza è una delle manifestazioni più importanti che si tengono a Sulmona .

Si svolge la domenica di Pasqua nella Piazza più grande e scenografica della città, Piazza Garibaldi, con un grande afflusso di turisti e sulmonesi stessi che accorrono sempre numerosi all’evento.

Il rito, che ha una forte valenza religiosa, con il trascorrere del tempo si è arricchito anche di contenuti antropologici tanto che la manifestazione da sempre richiama anche i media locali e nazionali che vi partecipano con estremo interesse e devozione.

Archetipi del rituale

Per tentare di risalire alle origini della manifestazione e capire in quale humus culturale affonda le sue radici bisogna tenere in considerazione uno dei momenti più importanti per la storia del teatro: il passaggio dal dramma liturgico medievale (nel quale centrale è il tema della morte di Cristo e della sua Resurrezione) alla sacra rappresentazione.

Fu questo un evento cruciale per il teatro in quanto con il passaggio dal latino al volgare “la poesia drammatica usciva dal chiuso presbiterio e dall’aula scolastica, per irrompere nella piazza”[1].

Uno dei più importanti frammenti di dramma liturgico risalente alla  metà del XIV sec., considerato come “il monumento mirabile della vita religiosa e culturale sulmonese agli albori dell’Umanesimo”, è l’Officium[2].

Il documento è stato rinvenuto nell’archivio della Cattedrale di Sulmona e ci mostra la parte recitata da quattro soldati  in una rappresentazione della Passione di Cristo.

La processione con statue ebbe una grande diffusione in un periodo più tardo, grazie anche alla maggiore praticità nell’uso dei simulacri. Queste processioni figurate assunsero “aspetti grandiosi e spettacolari, con schemi codificati a partire dal periodo della Controriforma[3]”.

Questa breve ricostruzione storica non ci permette di affermare con certezza che la Madonna che scappa in piazza possa derivare dall’ Officium o da manifestazioni più tarde, ma offre degli spunti di riflessione sui probabili archetipi nei quali il rito affonda le sue radici.

Prime rappresentazioni

Dai documenti pervenutici dagli archivi locali e non, si può affermare che la rappresentazione sia anteriore al 1860[4].

Quella sulmonese, infatti, si lega ad una serie di manifestazioni religiose diffuse in tutta Italia che presentano caratteri simili tra loro. Se ne hanno testimonianze ad Asti, Caltagirone, Capri, Mazara del Vallo, Castelvetrano, Corropoli ecc. A legare i riti è il tema centrale dell’incontro tra Madre e Figlio e la presenza delle statue della Vergine, Cristo risorto e di figure di Santi o in alcuni casi di angeli che si apprestano a recare l’annuncio della resurrezione.

La manifestazione sulmonese differisce comunque da tutte le altre per un tratto peculiare, quello della corsa compiuta dalla Vergine in seguito al riconoscimento del Figlio; questo elemento la rende più vicina alle rappresentazioni che si svolgono in alcune “località siciliane denominate Aurore[5]”.

La manifestazione

La Madonna che scappa in piazza deve essere presa in relazione ad un ciclo sacro che nel periodo pasquale ha inizio il Giovedì Santo per poi proseguire il Venerdì Santo con la Processione del Cristo Morto, gestito dalla Confraternita della Trinità.

A gestire la manifestazione pasquale è invece la Confraternita di Santa Maria di Loreto i cui membri sono chiaramente riconoscibili dal vestiario: mazzetta verde su camice bianco.

La piazza

Il giorno della mattina di Pasqua Piazza Garibaldi viene occupata da una miriade di persone che si affollano ovunque, lasciando libero solo il percorso che la Madonna dovrà compiere per arrivare a suo Figlio risorto (le transenne delimitano l’area di corsa).

La piazza in quel giorno speciale appare nello sguardo di chiunque abbia il privilegio di poter assistere alla manifestazione pittoresca e suggestiva, vestita di colori, intrisa di emozioni, ansie, aspettative. Cosicché anche a distanza di tempo è possibile riviverla e rivederla nella memoria dove si è fissata indelebile come un’istantanea fotografica.

La folla tutta la riempie; terrazze, balconi, tetti, finestre, scalinate: tutto è un pullulare di curiosi e appassionati che aspettano con trepido entusiasmo le 12.00, ora in cui ha inizio la manifestazione.

Svolgimento del rito

Mentre nella piazza dominano la confusione e un’ebbrezza frizzante, sul lato orientale, nella chiesa seicentesca di San Filippo Neri un’altra dimensione regna, quella della sacralità. Qui la Vergine Maria è chiusa nel suo dolore e vestita a lutto non può far altro che compiangere il Figlio morto, immolatosi per salvare l’umanità.

Oltre alla presenza della statua della Madonna il rito vede la partecipazione di due santi, San Pietro e San Giovanni, che hanno il compito di annunciare alla Vergine che suo Figlio è risorto.

Le statue, precedute da una lunga fila di portatori di lampioncini e portate da “quattro lauretani[6]”, arrivano nella piazza alle 11.30 ed iniziano ad avanzare verso la chiesa di San Filippo, dove si arrestano sulla soglia.

La tradizione prevede che, prima che la Vergine esca dal luogo in cui si è ritirata, siano tre le chiamate fatte dai santi per annunciare la resurrezione di Cristo.

Il primo a bussare al portone della chiesa è San Giovanni, ma a questa prima chiamata la Madonna non risponderà. Il secondo tentativo è quello di Pietro, che ottiene lo stesso risultato fino a quando con il terzo tentativo, fatto di nuovo da San Giovanni (l’apostolo prediletto da Gesù), il portale si apre.

A questo punto la Vergine, ancora non del tutto persuasa dalle parole degli apostoli, esce dal luogo di preghiera recandosi lentamente al centro della piazza, scortata a distanza dalle statue dei Santi.

La Madonna procede con la stessa andatura lenta fino all’altezza del Fontanone (più o meno alla metà della piazza) in un’atmosfera di suspance e trepida attesa dei partecipanti:

–         …eccola che arriva…

–         …l’ha visto? No è ancora presto…

–         …sono arrivati al Fontanone?

–         …quanto manca?

–         …ci siamo?

–         Ecco, arriva!

–         L’ha visto!

–         …Ci siamo!…

E mentre la tensione sul volto dei Confratelli sale insieme alla loro  concentrazione, all’altezza del Fontanone la Vergine scorge il Figlio risorto  e inizia la sua folle corsa per ricongiungersi a Lui che La aspetta trionfante alla fine della piazza, sotto un baldacchino rosso posto tra gli archi dell’acquedotto.

Mentre la Madonna compie la sua corsa speranzosa anche il suo aspetto muta: il manto nero cade lasciando emergere il vestito verde, sulla mano destra il fazzoletto bianco, che accompagnava il corredo da lutto, lascia il posto ad una rosa rossa, mentre dodici colombe bianche si librano in volo accompagnate dal rimbombo degli spari dei mortaretti[7].

Applausi, spari e volo delle colombe esplodono in un clima di partecipazione generale e commozione, poiché questa è una rappresentazione che riesce a toccare le corde dell’animo umano, chiamando in causa valori più autentici, come il profondo legame che lega una madre a suo figlio.

Durante tutta la rappresentazione quei simulacri simbolici sembrano avere vita propria, quella Vergine sembra aver pianto e sofferto davvero per la morte di suo figlio ed ora, dopo averlo ritrovato, appare felice di aprirsi di nuovo alla vita. Una volta avvenuto l’incontro queste tornano ad essere delle semplici statue e vengono disposte per prendere parte alla processione cittadina alla quale partecipano le Autorità e tutte due le Confraternite.

Superstizioni e credenze

La corsa della Madonna viene tenuta sotto stretto controllo dai partecipanti. La tradizione e la credenza popolare vuole, infatti, che se la Madonna nel compiere la sua corsa proceda senza incidenti di percorso l’anno che verrà sarà positivo per la città e la natura sarà benigna nell’elargire i suoi frutti. Anche altri elementi sono importanti per trarre buoni auspici, come il volo delle colombe (che devono librarsi in aria e non volare basso) o il velo della statua che, nel momento in cui cade per lasciare il posto ai bei boccoli della Vergine, deve liberarsi senza rimanere impigliato.

Bibliografia

Cercone Franco, La Madonna che scappa in piazza a Sulmona, Sulmona, Libreria Editrice Di Cioccio, 1990.


[1] Cercone 1990, p. 19.

[2] Ivi, p. 21-22.

[3] Ivi, p. 74.

[4] Ivi, p. 62.

[5] Ivi, p. 67.

[6] Ivi, p. 55.

[7] Ivi, p. 57.

Le colombe vengono sistemate in precedenza sotto il piedistallo della statua ed al momento opportuno grazie ad una cordicella sistemata all’interno della statua liberate.

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